Alla scoperta di Rapa Nui, l'Isola di Pasqua

Quando si nomina Rapa Nui la prima immagine che viene in mente è quella delle imponenti statue, i moai, protagonisti indiscussi e sempre avvolti dal mistero sulla loro origine. Ma a chi decide di avventurarsi alla sua scoperta l’Isola di Pasqua riserva altre sorprese, arricchite dal piacere unico di essere davvero lontani dal mondo. L’Isola di Pasqua si trova al largo del Cile, e del Cile fa parte, seppure divisa da oltre 3.000 km di oceano. Rientra nell’immaginario triangolo polinesiano insieme a Nuova Zelanda e Hawaii, e anche il folclore locale fa pensare più alla Polinesia che al Cile. Raggiungerla richiede circa cinque ore di volo da Santiago del Cile. Da Papeete si arriva più o meno nello stesso tempo ma i voli sono meno frequenti. Per muoversi una volta atterrati ci si può affidare a guide specializzate oppure scegliere il proprio percorso, anche in bicicletta se si è abbastanza esperti. L’isola offre soddisfazioni anche agli amanti del trekking che desiderano esplorarne la natura vulcanica. Numerose grotte invitano all’avventura e conservano inoltre le testimonianze rupestri derivanti dal loro utilizzo non solo come riparo me anche come luogo di culto per gli indigeni. L’isola per la sua conformazione conta fondamentalmente una sola spiaggia attrezzata in modo tradizionale, Anakena, mentre si lascia all’intraprendenza dei viaggiatori raggiungere quella di Ovahe.

Rapa Nui è dominata da vulcani spenti, il maggiore è il Terevaka (507 metri), al centro dell’isola, dal quale è possibile ammirare il paesaggio nel punto più alto. Seguono il Poike e il Rano Kau. Il Rano Raraku è invece caratterizzato dalla presenza di una cava dalla quale è stata prelevata la pietra per realizzare gran parte dei moai, e diverse statue, alcune forse perché enormi, altre incomplete, si trovano ancora qui, sul fianco del vulcano. Sull’Isola di Pasqua si contano 638 moai, teste e busti enormi (esposti o interrati), in media tra i 3 e i 10 metri, la cui storia non è mai stata del tutto chiarita. Tra le ipotesi diffuse c’è quella che raffigurino capi tribù indigeni, ma anche che rappresentino un ponte tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Un’altra tradizione racconta che portino fortuna e prosperità dove rivolgono lo sguardo. Anche il modo in cui sono stati trasportati nei siti dove è possibile ammirarli fa parte del loro mistero, considerate le dimensioni e il peso, che può arrivare tra le 70 e le 80 tonnellate. Daniela Dall'Alba
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